Che cosa significa “predisposizione genetica ai tumori”?
Significa che alcune persone nascono con un rischio più alto, rispetto a una persona qualunque della popolazione generale, di poter sviluppare tumori che di per sé sono già definibili come rari, in quanto rappresentano una parte di tutti i casi di tumore che osserviamo.
Una particolarità di queste condizioni genetiche è che le persone che ne sono affette possono sviluppare anche tumori multipli di un tipo principale e tumori secondari di diverso tipo, ma sempre associati alla stessa condizione genetica.
Si usa anche l’espressione “sindromi di predisposizione allo sviluppo dei tumori” proprio perché le problematiche cliniche da affrontare, non sempre solo oncologiche, possono essere più di una.
Qual è il percorso da seguire per identificare o escludere la presenza di una predisposizione genetica?
Tutti questi aspetti vengono discussi col paziente nell’ambito di una cosiddetta consulenza genetica che è un processo di comunicazione complesso perché, da una parte, consiste nel sintetizzare concetti riguardanti condizioni complesse, e condividere anche i limiti alle nostre conoscenze, dall’altra nel guidare il paziente verso una scelta consapevole che ha importanti ricadute personali ma anche famigliari.
Quali sono i possibili benefici dell’identificazione di una predisposizione genetica?
L’identificazione di una condizione di predisposizione genetica allo sviluppo dei tumori consente d’inquadrare meglio la storia del paziente, cercando di capire se il tumore che ha sviluppato sia dovuto, per esempio, a fattori ambientali, quindi esterni, o anche a un motore interno, di natura genetica.
In sintesi, si cerca di capire quali siano i fattori di rischio in gioco e di conseguenza è possibile quantificare più precisamente il rischio personale del paziente per il futuro, che sarà più alto in presenza di una predisposizione.
Inoltre la sua condizione genetica potrebbe essere associata a ulteriori rischi (altri tumori, altre patologie).
Quindi sulla base di questo dato vengono adattati i protocolli di prevenzione e sorveglianza al fine, per esempio, di diminuire il rischio di comparsa della malattia o di riuscire a effettuare diagnosi precoci.
Infine è possibile utilizzare il dato genetico per identificare altri famigliari a rischio.
Nella maggior parte dei casi questi rischi sono ereditati da uno dei 2 genitori e i fratelli o i figli hanno una probabilità del 50% di aver ereditato anche loro questa predisposizione.
Si tratta di un rischio più alto nell’arco della vita, non di una certezza di malattia, e la stessa condizione genetica può manifestarsi in modi diversi anche tra parenti di primo grado che la condividono, ma il sottoporsi a una sorveglianza mirata e più intensiva consente, qualora la malattia compaia, di effettuare una diagnosi precoce, sperando, quindi, di migliorare la sopravvivenza delle persone.
Quali sono i criteri in base ai quali si può sospettare che una storia oncologica sia ereditaria?
Esistono criteri classici come la presenza di più casi affetti dagli stessi tipi di tumori, casi di tumore multiplo, età d’insorgenza precoci o comunque al di sotto dei 50 anni.
Tuttavia la presenza di più casi dello stesso tumore in una famiglia può non essere criterio sufficiente, al contrario di quello che un po’ istintivamente pensano molte persone.
Per esempio, la genetica oncologica è nota soprattutto per le sindromi di predisposizione a tumore mammario o del colon.
Teniamo però presente che neoplasie come queste sono purtroppo comuni nella popolazione generale per cui non è improbabile che più casi in famiglia di uno stesso tumore comune, magari insorti dopo una certa fascia d’età, potrebbero rappresentare una cosiddetta aggregazione casuale.
Per questo esistono criteri più specifici e da specialisti, come la presenza di particolari caratteristiche istologiche, genetiche o immunoistochimiche dei tumori.
Oppure la presenza di casi in famiglia di tumori di altro tipo, che però un genetista sa riconoscere come tumori associati in certe condizioni genetiche.
Oppure anche la diagnosi di un tumore raro, quindi di un tumore che ha una frequenza estremamente bassa, o addirittura non quantificata, nella popolazione generale, che è proprio il tipo di tumore di cui mi occupo più in particolare insieme a quelle storie complesse che sfuggono alle descrizioni da manuale delle sindromi e che richiedono analisi genetiche più estese.
Un’eventuale conferma al sospetto diagnostico può venire proprio dal risultato dell’analisi genetica che proponiamo.
Nel nostro DNA sono presenti più di 20000 geni, sono come libretti d’istruzione per costruire proteine, e ormai conosciamo moltissimi dei geni associati a predisposizione ai tumori.
In base al sospetto diagnostico decidiamo quali di questi libri andremo a leggere per cercare degli errori di scrittura, le cosiddette varianti patogenetiche.
Ovviamente può succedere che il nostro sospetto non venga confermato, però magari ci troviamo di fronte una storia molto sospetta dal punto di vista dei criteri clinici di cui, tuttavia, non abbiamo ancora trovato una causa genetica. E qui entra in gioco la ricerca, per la quale chiediamo la collaborazione al paziente.
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